Ebbene si, più leggo, più studio, più guardo gli scatti degli altri e più mi sento l’ultima ruota del carro. Penso che questo sia un qualcosa di positivo.
Continuo a ricercare una mia personale visione; le mie foto dopo i primi 2 min di entusiasmo mi appaiono non soddisfacenti, c’è sempre qualcosa che non mi aggrada…e allora penso “devo fare di più, devo fare meglio, devo stare più attento”. Continuo a ripetermi queste frasi, continuo a guardarmi intorno pensando “cosa avrebbe fotografato quel fotografo?” o “cosa vi è di interessante da raccontare in ciò che vedo?”. Leggo libri, tanti libri, continuamente libri… cerco autori più o meno sconosciuti, cerco di saziare questa continua fame di punti di vista… poi mi fermo, mi guardo intorno e mi chiedo, ma perchè tutto questo?

my library
Da qualche anno ho deciso di espormi partecipando ad alcuni concorsi (IPA, PX3, Miami Street Photography ecc); buttarsi nella mischia è importante… a volte vinco qualche riconoscimento a volte non esisto nemmeno… su photovogue passo da periodi di costante e continua approvazione delle mie immagini a periodi in cui nulla sembra andar bene.
In giro vedo fervore, sempre più intraprendenza e creatività fotografica; la street photography è ormai cosa comune, tutti ne parlano, tutti si dilettano in essa e ciò è fantastico. Ritengo che tra tanti anni, sempre che qualche file digitale rimanga ancora usabile, si potrà raccontare uno spaccato di vita contemporanea senza precedenti.
Mi chiedo allora ma che c’entro io in tutto questo? Cosa cerco? Può mai un piacere personale coinvolgere altri? Una esposizione mediatica, anche se minima, ha dei risvolti in responsabilità? Può la mia confusione fotografica sviare dalla corretta visione?
Mi piace raccontare le mie esperienze, mi piace tenere questo diario, ma il numero sempre crescente di persone che leggono questo blog, mi spaventa. Le statistiche riportano picchi di 3000 pagine viste al giorno e di una media crescente di visitatori unici giornalieri. So che non sono risultati pazzeschi ma nel mio piccolo non pensavo di avere un tale riscontro. Incontro gente che mi dice… “leggo quel che scrivi”, “ti seguo volentieri”…recentemente, una piacevolissima e lusinghiera chiacchierata su facebook con un ragazzo innamorato anch’egli della street photography mi ha fatto molto riflettere… mi ha fatto vedere i suoi scatti, ne sono rimasto piacevolmente colpito. Inizialmente mi sono sentito fiero di aver contribuito in qualche modo alla sua visione… ma poi mi sono chiesto come posso consigliare ciò che ancora non ho compreso?
Sono confuso, molto confuso, lo potrete trarre dalle successive parole… è difficile parlare di se stessi, specie quando in ballo vi è una passione così forte come lo è per me la fotografia:
Mi ritengo l’ultima ruota del carro! La mia è solo una delle tante visioni della street photography, o meglio di qualcosa che tende ad essa. Mi piace pensare che il vantaggio di chi legge questo blog è quello di sfruttate i miei continui errori, le mie composizioni bizzarre ed errate per non commettere gli stessi errori. Questo pensiero, lo ammetto, mi tranquillizza.
Guardo le migliaia di foto che ho scattato nel tempo, in esse ritrovo storie, trovo usi e costumi, ma mi chiedo se poi siano veramente interessanti? Forse è per questo che rimango incredulo quando qualcuno apprezza un mio scatto. Mi trovo più a mio agio nell’invisibilità, mi piace stare in disparte ad osservare, mi piace mettermi alla prova “senza impegno”, per poi nuovamente sparire. Cerco di non dare alla mia street photography quel peso che potrebbe essere causa di frustrazione.
A volte penso che questo mio distacco dal mondo, che il mio distacco dalla comune socialità, mi faccia vivere come osservatore esterno, che in silenzio e in disparte guarda i modi spesso grotteschi del far comune.
Quelle rare volte che la mia schiena mi permette di uscire mi piacerebbe star fuori per ore… poi il tempo alla fine mi obbliga a correre, correre, correre e tutto viene rimandato alla volta successiva. Penso di aver fatto veramente poche volte quelle uscite fotografiche prive di timeout in cui si potrebbe star fermi ad un incrocio per ore senza che il telefono squilli, invisibile nel continuo fluire dei passanti.
Mi chiedo esiste un filo conduttore nei miei scatti? C’è qualcosa di sottile che possa mettere in relazione ogni scatto? Sono troppo poco maturo per vederlo o sono solamente foto fatte in strada senza un motivo?
LA METAMORFOSI
In verità vi dico che non lo so… mi rendo conto di essere sempre più incapace di giudicare i miei scatti, inizio ad essere attratto da una composizione diversa, non usuale, non gradevole ai molti. Inizio a pensare che mi sto dirigendo verso una concezione fotografica di livello inferiore, dove non mi importa più il mezzo, ne la qualità fotografica. Mi importa solo del bloccare la mia visione strampalata e spesso cupa del mondo che mi circonda…
Leggo, vengo influenzato, scatto, leggo, vengo influenzato, scatto…
Crisi fotografica? Stanchezza? Forse gli effetti dei dolori alle gambe che mi accompagnano ormai da tempo?
Mille domande si affollano nella mia testa, può il turbinio di eventi, di cui bisognerebbe anche andare orgoglioso, influenzare la mia percezione fotografica?
Si dice
“fai sedimentare“, “rendi tue le nuove informazioni “, “somatizza e conserva“; si dice anche “parti dalle certezze che hai“
L’EQUILIBRIO RITROVATO: RICOMICIO DA ME STESSO
Non sono un fotografo” e questo è certo.
Non scatto per gli altri o per lavoro e anche questo è certo.
Sono dunque uno amatore come tanti, che con una macchina fotografica sperimenta, gioca e scopre. Quindi non ho il peso di una meta, non ho un punto d’arrivo fotografico… osservo la stravaganza della vita, mi rendo conto della sua crudeltà, della sua bellezza e cerco di prenderne un pezzetto a mio modo. Alla luce di ciò comprendo perchè il mio archivio fotografico è organizzato per anno, mese, giorno… è semplicemente una rappresentazione del mio tempo vissuto.
Ho sempre scattato per l’emozione di sentire il suono della chiusura dell’otturatore che intrappola quel momento di vita,
tutto il resto è solo un, più o meno, piacevole contorno.
Se penso ciò, ritrovo l’equilibrio, ritrovo il divertimento della fotografia, ritrovo la grinta, la libertà e la leggerezza di essere l’ultima ruota del carro.
Chiedo venia per questa autocritica, ma a volte mettere per iscritto le proprie confusioni ci aiuta a ritrovare i nostri perchè.
Ripartire dalle nostre certezze ci aiuta ad affrontare il nostro percorso con maggior serenità.
Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio ancora una volta per leggere fotostreet.it
Buona street photography a tutti voi 😉
Andrea
Grazie dell’articolo in cui mi ci sono ritrovato appieno ciclicamente.
A tal proposito ritengo utile riportare senza alcuna aggiunta e commento le parole di Daido Moriyama tratte da una sua intervista che mi hanno particolarmente attratto in questi giorni:
” Voglio fotografare ciò che anche io non riesco bene a comprendere, ciò che capisco posso tranquillamente tralasciarlo. Non ho intenzione di spiegare nulla con le mie fotografie. Chi le guarda é libero di interpretarle come vuole “.
Bella riflessione, sincera e profonda. Ti fa apprezzare l’essere semplicemente un amatore, che a volte si sente tradito, ma che può vivere con leggerezza e spontaneità quella che, in fondo, è la ricerca di se stessi. Buona luce