…e Sanremo Street Photo Festival fu!
Devo ammettere che sono stati 2 giorni entusiasmanti, ricchi di confronti, visioni e dibattiti…
Vado subito al dunque: qualcuno mi ha chiesto se avrei respirato veramente street…. la risposta è SI, anche se in una sua declinazione più ampia, culturale e filosofica (ndr), ma sicuramente non banale.
Vuoi per i temi delle tavole rotonde, vuoi per il variegato parterre di autori diversi in mostra, vuoi per la presenza di editor e visionari il cui sguardo va già oltre alla normale declinazione del “genere fotografico”, in questa due giorni si è respirato un clima amichevole, aperto e mosso da un amore comune verso la Fotografia.
Nessuna “Prima donna” dunque, ma solo un gruppo di fotografi pronti a spendersi e a confrontarsi in modo “aperto” e senza pregiudizi.
DA DOVE COMINCIO?
Sono sincero ho iniziato a scrivere questo articolo la prima notte durante il festival… ma poi ho aggiunto, aggiunto, aggiunto… e WOW… da un semplice articolo è divenuto un TOMO… frutto anche dei tantissimi spunti di riflessione nati durante questa bellissima esperienza.
Prima di perdermi in chiacchiere, ringrazio ancora una volta Roberto Bianchi e l’Associazione Spazi Visivi per avermi voluto, avermi dato voce e ospitato in questo Festival della Street Photography… i focus di partenza discussi qualche mese fa, sono stati quasi tutti centrati, dunque il primo passo è stato compiuto in modo egregio! Dunque BRAVI!
Tornando a noi, per evitare di farvi addormentare dopo l’ennesimo paragrafo, ho dunque deciso di divedere questa mia “relazione” in ATTI, e per ognuno di essi porvi le stesse domande che ancor oggi mi frullano in testa e che sicuramente genereranno in voi come in me profonde riflessioni.
COMINCIAMO DA QUI…
Arrivato dopo un lungo viaggio da Treviso nella notte del venerdi (24 Giugno), l’indomani mattina passeggiavo già tra le immagini in esposizione al piano terra del Forte Santa Tecla, location molto azzeccata ed interessante architettonicamente, facile da raggiungere e in posizione comoda per tutti.
In mostra, oltre agli scatti autoriali, un panel con i finalisti e la foto del vincitore del single shot… ma di questo ne parleremo con alcune considerazioni “personali e come sempre prive di filtri” nei prossimi articoli.
LE TAVOLE ROTONDE? IO LE IMMAGINAVO COSÌ…
Nella mia testa immaginavo una vera e propria tavola di forma rotonda con gli ospiti seduti intorno a mo’ di convivium e il pubblico dietro… o più verosimilmente qualcosa simile al Maurizio Costanzo Show con gli ospiti in fila rivolti verso il pubblico e il Conduttore di turno a tener le fila di una discussione aperta… ma questa visione “romantica”, ovviamente continua a rimanere solo nella mia testa.
Nella sostanza, queste tavole rotonde, sono state più simili a conferenze aperte, dove sono state affrontate diverse tematiche interessanti, trattati temi spesso spigolosi e poste domande aperte sempre molto gradite dal pubblico presente.
ECCO COME È ANDATA LA PRIMA TAVOLA ROTONDA
La prima tavola rotonda, tenuta da Attilio Lauria con Con Federica Berzioli, Salvatore Matarazzo, Stefano Mirabella è stata, a mio avviso, provocatoria!
Attilio Lauria – Critico di fotografia, persona di grande cultura e sensibilità nonchè ex presidente di FIAF – ha guidato questo viaggio in modo eccellente, tra riferimenti storici e considerazioni trasversali alla fotografia Documentaria, Reportagistica, Street e Contemporanea; ma la cosa più importante è che è riuscito a farcire il tutto con una serie di provocazioni che hanno punzecchiato non solo i tre ospiti, ma acceso anche dibattiti interessanti e divertenti con tutta la platea…
Pali, paletti e regolette? Ma chè… impossibile prendere una posizione chiara!
Si è discusso forse sul tema più caldo degli ultimi anni, che ha diviso e continua a dividere fotografi, concorsi, lettori e critici…
Il risultato? Che allo streepher al di la di tutto… non importa saperlo!
Sicuramente un vero streepher non ha limiti, non si sente limitato e non si considera “streepher”, ma semplicemente una persona “comoda con il proprio mezzo fotografico” [cit. Stefano Mirabella] che esprime la propria visione del mondo attraverso un approccio fotografico che magari dopo viene etichettato come street.
In questa tavola rotonda, i contorni della STREET PHOOTGRAPHY sono divenuti meno netti e chiari (ndr: forse volutamente?); il poco tempo a disposizione per la trattazione di un tema così ampio e dibattuto ha fatto si che alla fine:
- si parlasse poco del MOOD che contraddistingue uno streepher da uno che cammina per strada scattando foto con il cellulare (così come accennato da Salvatore Matarazzo – con cui mi sarebbe piaciuto approfondire la chiacchierata… ma l’indomani si era già volatilizzato (?) )
- si parlasse poco della componente chiave che muove la street, ovvero dell’umanità e della curiosità, che ci spinge a scendere in strada (così come accennato da Umberto Verdoliva – che ho riscoperto – al di la del suo essere grande fotografo – uomo dal grande cuore e dalla chiara e spiccata sensibilità verso “l’umanità” che ci circonda)
- si parlasse ancor poco del ruolo importante che giocano i media culturali nella diffusione di una visione più critica e meno superficiale delle immagini, così come accennato da Federica Berzioli (Che ascolterei per ore senza mai stancarmi)
- E infine ha fatto si che si parlasse ancor meno di quella voglia di dire e raccontare la propria visione, così come accennato da Stefano Mirabella
Insomma… questa tavola rotonda in circa 2 ore ha messo in campo una serie di spunti di riflessione che meriterebbero sicuramente una più estesa trattazione… ma sicuramente hanno innestato dei tarli in tutti i partecipanti.
Se questo era l’obiettivo… CENTRATO IN PIENO!
COSA HO PENSATO DOPO QUESTO PRIMO INCONTRO?
E’ stato un sano confronto aperto… ammetto di aver storto il naso su diverse posizioni o su certe affermazioni, come ad esempio su alcuni riferimenti storico/fotografici che nella mia testa invece trovano una chiara collocazione storico-temporale e interpretativa.
Ovvero, come sapete almeno per me la distinzione tra fotografia Documentaria, Reportagistica, Street e Contemporanea è molto chiara e netta, per approccio e intenzione. Tuttavia apprezzo i punti di vista di Attilio Lauria che ampliano la lettura di foto storiche contestualizzandole anche alla contemporaneità del lettore e offrendo nuove interpretazioni visive.
Ascoltando attentamente le varie posizioni, prima, durante e dopo, però inizio ad avere il sentore che nella STREET PHOTOGRAPHY MODERNA la parola STREET abbia cominciato a svanire lasciando il posto alla sola parola PHOTOGRAPHY.
Forse fa bene Matt Stuart a rimettere i puntini sulle i con il suo RECLAIM THE STREET? (Ne parleremo….)
FINE PRIMO ATTO!
Andrea 😉
Ciao Andrea…
…ti devo dire che sono molto molto perplesso, e anche abbastanza “sconfortato”…
Sconfortato non per i milioni di digit che abbiamo speso entrambi, nè per le relative “tonnellate” di tempo che abbiamo investito per commentare…sconfortato per aver appreso quanto siamo distanti in termini di concezione della tematica…e, anche quì non perche abbiamo idee molto diverse…ma piuttosto per aver preso consapevolezza del fatto che, con distanze così “siderali”…risulta perfettamente inutile parlarne.
Ho letto infatti solo ora la tua risposta alla parte “5” (oggi non l’avevo vista perchè mi ero subito messo a risponderti sull’altra) e devo dire che la tua risposta apre un divario praticamente incolmabile.
Quando tu affermi: (testualmente)
——
Per me Verdoliva e Matarazzo sono diversamente Street ma sono Street. Nell’ultima chiacchierata con Salvatore di qualche giorno fa, mi confermava come lo scatto nascesse un attimo prima della posa, come esso avvenisse con un guizzo emozionale inspiegabile, con una libertà di espressione unica e al tempo stesso umana. Entrambi i fotografi si approcciano all’umano, ho parlato e mi sono confrontato su questo anche con Umberto, essi lo vivono in modo diverso, con poetiche diverse ma comunque in strada li vedi danzare come bimbi al parco giochi.
——
Quando tu affermi che Matarazzo è “Street”, di fatto apri una forbice che non può essere richiusa, nè possono essere avvicinate le “punte” della stessa, dal divario che occupano…
Quando riporti, come rafforzativo della precedente affermazione, che nella chiacchierata con Salvatore…lui ti confermava (attenzione “confermava”) come lo scatto nascesse prima della posa (dodici sottolineature sul termine POSA), con il fatto del suo chiaro INTENTO (per usare un termine a te caro) con il consolidato “modus operandi” e con quel tipico risultato in immagini (ormai sono in internet e si sono viste le immagini di Matarazzo anche quelle presenti a Sanremo)…quando riporti tutto questo come rafforzativo di quell’affermazione…cade ogni tipo di logica anche solo nel parlare di street tra noi due…
Poi aggiungi:
“…come esso avvenisse con un guizzo emozionale inspiegabile, con una libertà di espressione unica e al tempo stesso umana”
…mio caro Andrea… anche i ritratti possono essere realizzati con un guizzo emozionale, con una libertà di espressione unica e umana…
…e infatti, quelle immagini di Matarazzo SONO RITRATTI…non è “Street Photography”.
Posso dirti serenamente che a me personalmente non mi interessa se circa 7 o 8 anni fa nacque il collettivo “Full Frontal Flash” e se autori più o meno noti hanno aderito a quelle logiche di scatto…quando poi le vedo inserite, presentate e ritenute una qualsivoglia forma di “Street Photography”. Ma NO. Proprio per niente. Non ci siamo proprio.
In strada puoi veder danzare come bimbi a un parco giochi chi caspita vuoi, ma quella è ritrattistica…non “Street Photography”
Penso pertanto che sia perfettamente inutile continuare a scrivere dialogando su concezioni così distanti, non serve nemmeno più dettagliare cosa sia la street o discutere cosa non la sia…
…penso che la soluzione migliore sia quella che io mi sfili sia da questo dibattito che da quelli di altri articoli…sempre ammesso che siano poi dibattiti (io continuo a vedere che parliamo solo tu e io).
Quindi penso che sia meglio salutarti e augurarti buona luce e buona “Street” (qualsiasi cosa essa sia per te).
Prima di lasciarti, mi sento di scriverti un’ultima cosa relativa al tuo ultimo commento sul tema “caldo” del “Mood”/”Approccio”/”Intento”.
quando scrivi (testualmente):
——
Se mi approccio alle mie session con un mood street, al di la delle immagini che posso portare a casa, comunque ho fatto street: nei modi di vivermi l’esperienza della città, nei modi di osservare e interagire col mondo circostante e con le persone che mi circondano, io ho sono stato “Street” durante la mia session e di questo penso che dobbiamo almeno esserne consapevoli. A casa comunque mi porto “una session di street” che magari sarà stata poco proficua vuoi per mia incapacità di cogliere attimi o per mancanza di attimi interessanti per la mia visione.
Come sai, possiamo macinare anche 20KM senza portare a casa nulla, ma sicuramente saranno 20 KM di vita vissuta in modo, a mio avviso, meno superficiale, ovvero con una attenzione tale che ogni scena, per quanto banale possa essere, alla fine ti si fissa comunque nella memoria e nel cuore.
Dunque… il mood è, e continua ad essere, per me la chiave di ingresso per una session street – almeno per me – al di la di quello che poi il Fato mi offrirà.
——-
…quando mi scrivi questo, dopo tutto quello che ti ho scritto, perchè fai finta di non capirmi?
E’ chiarissimo che se hai quel mood, quell’approccio e vai in strada e lo tieni per due o quattro ore… sei andato a “fare street”… ed è chiaro che hai pensato, hai agito, ti sei mosso in chiave “street”… poi puoi anche dire che hai fatto street… ma di fatto non hai “fatto street” se non hai cristallizzato almeno uno di quei momenti in un’immagine che contenga gli elementi per essere definita “Street Photography”
E’ come se un cacciatore va a caccia o un pescatore va a pesca…ma quando torna non hanno preso niente… un amico li incontra e gli chiede: “dove sei stato?” … “a caccia” risponde… “a pesca” risponde… “Hai preso qualcosa?” / “Hai pescato?”, chiede ancora l’amico…”No, non ho preso niente” / “No, non ho pescato niente”…E’ LA RISPOSTA GIUSTA.
Tu Andrea vai a fare street, con tutto il mood, l’approccio, l’intento più giusto… stai tutta la mattina a girare per strada, alla fine hai scattato qualcosa (poco o tanto che sia) ma quel giorno non hai realizzato nemmeno un immagine degna di essere cosiderata street (e non mi dire che non ti è mai capitato…)… poi io ti incontro, ti saluto e ti domando: “Ciao Andrea, dove sei stato” tu rispondi: “a fare street”… io ti chiedo: “hai realizzato scatti interessanti”, la risposta corretta è:
“NO!”
“Volevo fare street ma in pratica non ho nemmeno un’immagine di street”
QUINDI, ALLA FINE, UNO SE LA PUO’ CANTARE COME VUOLE… MA NON HA FATTO “STREET PHOTOGRAPHY”
Poi, quando riguarderai i negativi (o i files), forse penserai: “forse c’è qualche ritratto ambientato decente, un po’ di reportage urbano… e diverse cose piatte e banali”… in questi casi, la mattinata andrà a stratificare esperienza…
…ma se tu poi quelle immagini “piatte” o “banali” o che risultano “mero reportage urbano” o appartengono alla “ritrattistica”… non le tieni per te stesso e/o non le inserisci in ricerche di ritrattistica o reportage urbano… ma le presenti e le esponi al mondo come “Street Photography”… allora non ci siamo.
Poi scrivi ancora:
——-
Come sai, possiamo macinare anche 20KM senza portare a casa nulla, ma sicuramente saranno 20 KM di vita vissuta in modo, a mio avviso, meno superficiale, ovvero con una attenzione tale che ogni scena, per quanto banale possa essere, alla fine ti si fissa comunque nella memoria e nel cuore.
——-
…ma certo, io faccio fotografia tutti i giorni, centinaia di volte al giorno, senza fotocamera… mentre cammino per strada, quando sono fermo al semaforo in macchina, quando aspetto qualcuno, ecc… e dal momento che la street photography è il mio mondo… potrei dire che faccio street tutti i giorni… e ti posso confermare che capisco più di chiunque quello che intendi quando parli di vita vissuta in modo meno superficiale e che ogni scena ti si fissa nella memoria e nel cuore… vai a rileggerti quello che ti scrissi sul perchè non mi interessa “comunicare” e cosa sul perchè faccio “street photography”…
… ma se poi qualcuno ti chiede le tue immagini di “street” e io o te o chiunque…decide di dare il consenso per esporle… e le presenta come “Street Photography”…ALLORA DEVONO ESSERE STREET!
In quel caso… tu (o io) non potrai metterci le immagini di quel giorno, perchè di street li non ce n’è nemmeno una… perchè (e puoi girarla come vuoi, ma è così…) QUEL GIORNO TU NON HAI FATTO “STREET PHOTOGRAPHY” …ci hai provato, come tante altre volte, ma non ci sei riuscito.
Bene, mi sembra che siamo proprio arrivati alla fine.
Ti auguro buona luce e buona “street”… come ho detto prima…qualsiasi cosa essa sia per te.
Un saluto
Walter
Il mondo è bello perchè si è diversi e non è un dramma se non si pensa allo stesso modo, ma un valore aggiunto alla poliedricità dell’essere umano.
Nessuno ha verità assolute per fortuna, ma solo verità soggettive che lo portano in una condizione di equilibrio dinamico. Penso che dai nostri scambi, in molti, come espresso da svariati messaggi privati ricevuti, hanno potuto trarre spunti di riflessione utili per il loro percorso personale. Il non esporsi, il non partecipare comunque va comunque rispettato.
Mi dispiace del tuo “defilarti”, comunque è una scelta e come tale va rispettata anch’essa.
Ti auguro di trovare momenti per te decisivi che facciano vibrare il tuo essere, poi a qualunque etichetta essi appartengano, poco importa è pur sempre Fotografia.
Buona Luce anche a te 😉
Ciao Andrea,
tu mi scrivi:
“… rispondere ai tuoi lunghi testi credimi sta diventando impegnativo”
anche se poi hai aggiunto una risata che “smorza” l’affermazione riportata, capisco bene il tuo punto di vista e il tuo impegno a dover rispondere, ma…
…ma bisogna tener presente due elementi fondamentali:
1) la materia è complessa e…o non se ne parla…o se si prova a sviscerare le logiche e le dinamiche della fotografia di strada e di coloro che la praticano (o pensano di praticarla), bisogna farlo per bene, con il tempo e l’impegno che ci vuole (ma credimi…non solo dalla tua parte e con il tuo di impegno…ma anche dalla mia parte e con il mio di impegno)… non si può “buttare” lì “sentenze” senza argomentare con attenzione o senza entrare nel merito per far capire questioni (o semplicemente “punti di vista”) a chi, evidentemente non ha analizzato la cosa da quell’angolo…oppure semplicemente la pensa diversamente.
2) Quando si scrive (come quando si parla), si danno per scontate cose (pensieri, idee in merito, consapevolezze acquisite, risultanti da studi o esperienze fatte ecc.) che, evidentemente, non vengono “colte” e “capite” nell’immediatezza dagli interlocutori (lo facciamo tutti di dare per scontato qualcosa) e allora, chiarimenti e spiegazioni portano via tempo, impegno e milioni di digit che potrebbero essere superflui, ma che si rivelano purtroppo necessari, talvolta…indispensabili.
E’ successo con la questione del “comunicare con la fotografia” nell’altro articolo… inizialmente la pensavi all’opposto… esattamente al contrario del mio punto di vista che ti avevo dettagliato…alla fine eri d’accordo con me…
E’ successo anche nella parte “3” di queste risposte, sul concetto di “scorciatoie”… dopo che ho investito tempo, impegno ed energia per dettagliarti in un lunghissimo commento l’affermazione sulle “scorciatoie”, tu mi scrivi in risposta “Su questo punto sfondi una porta già aperta…”…
…ma sei tu Andrea che nella risposta al mio primo commento hai scritto:
“Scorciatoie??? Ma cosa dici??? Se apriamo tutte le porte…”
…tra l’altro lo hai scritto con piglio deciso, imperativo, enfatizzato due, tre, sei volte… da quei 6 (sei) punti interrogativi…poi, dopo centinaia e centinaia di digit… “sfondo una porta gia aperta”…
Sul concetto di “mood”/”approccio”/”intento” sta succedendo esattamente la stessa cosa:
…all’inizio l’approccio, il mood, l’intento erano tutto (quasi la “chiave” della “street”)…
…ora mi scrivi (dopo migliaia di digit):
—–
“Sul discorso di intento, sono d’accordo solo sul fatto che questo non basta per portare a casa una buona foto e che sarebbe auspicabile in tantissimi neofiti e non solo, un miglior e curato pensiero critico. Non è che la mia voglia di voler scrivere una poesia fa di me un poeta!”
—–
…intanto ora sei d’accordo che “non basta”…bene, ma hai analizzato con attenzione le distinzioni che ti ho fatto, le logiche e le dinamiche sui “soggetti”? Vorrei richiamare la tua attenzione su un concetto già abbondantemente espresso:
siamo perfettamente d’accordo sul fatto che avere l’approccio giusto, con il mood giusto e l’intento giusto ti aiutano ad entrare in sintonia con la vita, a sentirla fino a pre-sentirla ecc e sono elementi di partenza già molto diversi da quelli sui quali ci si “tara” per altre tematiche (reportage, ecc.)… poi però, se non hai ancora uno spirito di osservazione attento e maturo, se il tuo “background” fotografico e culturale non ti ci fanno ancora arrivare, se la tue “sensibilità” non ci arriva ancora ecc. (mi fermo quì ma potrei continuare per una pagina intera…) non ti fanno arrivare a realizzare la “fotografia di strada”… o se hai tutto questo ma quella/quelle giornate per motivi che ti ho già descritto in altri commenti (e non sto a ripeterli) non portano quegli scatti ad essere “Street Photography”… allora non solo quel mood/approccio/intento non ti ha (in quel caso) aiutato… ma semplicemente tu NON hai fatto “Street Photography”.
Prima di arrivare a dettagliare il concetto di street che mi hai richiesto (se sarà il caso e in un altro commento) ti ripeto un elemento importante (che ti l’ho già scritto in altri commenti, ma evidentemente non è stato colto), entrando ancora più nel merito, sul quale puoi (se vuoi) riflettere per la completezza del discorso e sul concetto di INTENTO/RISULTATO/ATTRIBUZIONI:
Nella “ritrattistica” hai un soggetto:
se fai un ottimo ritratto … avrai un’ottima immagine di ritrattistica
se fai un pessimo ritratto… avrai una brutta o una pessima immagine di ritrattistica
…nota: la ritrattistica c’è comunque sempre (buona o pessima che sia…).
Nel “reportage sociale” hai un soggetto (per esempio, una ricerca visiva sugli extracomunitari e la loro integrazione)
se fai un’ottima immagine o un’ottima serie di immagini … avrai realizzato un “reportage sociale” ottimo
se fai una pessima immagine o una pessima serie di immagini … avrai realizzato un “reportage sociale” pessimo
…nota: il “reportage sociale” c’è comunque sempre (buono o pessimo che sia…).
Nella “Street Photography” NON hai un soggetto… NON ESISTE IL SOGGETTO… SEI TU CHE DEVI ARRIVARE A VEDERLO, A SENTIRLO, A VIVERLO:
Di conseguenza, dal momento che nella “Street Photography” NON hai un soggetto…
se arrivi a scattare un’immagine di “Street Photography” … avrai ottenuto una Street e avrai fatto “Street Photography”
se NON arrivi a scattare un’immagine di “Street Photography” … NON avrai ottenuto una Street e NON avrai fatto “Street Photography”
…NOTA:
LA “STREET PHOTOGRAPHY” NON C’E’ SEMPRE E COMUNQUE…
NON CI SONO IMMAGINI “PESSIME” DI STREET… quelle, semplicemente NON SONO STREET!
L’immagine di street O C’E’ O NON C’E’…
Poi, tra le immagini che sono “Street Photography” (che sono arrivate ad essere “Street Photography”) c’è senzaltro un’infinita “scala” di “potenza” e di “significato” di immagine…ci sarà quella che rappresenta una “Street Photography” più “potente”, più “profonda”, più “evovativa”… e ci sarà quella che rappresenta una “Street Photography” decisamente più “debole”… ma sarà sempre e comunque street…
…se invece, nonostante tutto il miglior “mood”, il miglior “approccio”, il miglior “intento” quella / quelle immagini non arrivano ad avere, ad esprimere quegli elementi che la portano dentro la street…allora semplicemente non hai fatto street… potrebbe essere un ritratto interessante, magari anbientato, un “reportage sociale” interessante, un “reportage urbano” interessante… o anche niente di tutto questo… di certo: non è street.
Ora, sperando che quanto sopra ti risulti chiaro (magari non condividi, l’importante per ora è che tu abbia capito quello che ho affermato), per completare la risposta al tuo ultimo messaggio, dovrei dettagliarti cosa è “Street Photography” e cosa non lo è…(secondo te… dal mio punto di vista…per me è invece una cosa storica e scontata, nonostante gli innumerevoli tentativi di “inquinamenti”, “modifiche” e “visioni differenti” che stanno creando non poca confusione)… e questo mi fa un po’ sorridere perchè mettermi a scrivere definizioni, pali paletti, limiti, caratteristiche e peculiarità, su un sito come questo, che si occupa da sempre di street, con un autore come te che l’ha sempre studiata e vissuta, a valle di un evento come il “Sanremo Street Photography Festival”…mi sembra o mi sembrerebbe una “presa in giro” da una parte (…ah si? Vediamo un po’ allora, tu che scrivi tanto su cosa è e cosa non è…se riesci a descriverla, a mettere limiti e paletti…) e potrebbe semprare un “atto di presunzione” dall’altra parte (mettersi appunto a dettagliare cosa è e cosa non è), dal momento che abbiamo affermato che poi tutto è opinabile (ma non sempre…) e tutto è riconducibile ad “opinioni personali” (ma non sempre).
Questo poi richiede altro tempo, altro spazio e innesterebbe altre divergenze e altre discussioni… tra l’altro sarebbe impossibile accontentare la tua richiesta sul “modo più sintetico”… impossibile.
La “Street Photography” è un genere estremamente complesso, con molte e molte caratteristiche e peculiarità, una sintesi non direbbe niente e porterebbe a dover chiarire con diversi “ping-pong” epistolari che allungherebbero e annoierebbero tutti i lettori.
Pertanto vedi tu Andrea, se ti vuoi immergere in altri gineprai…
Un saluto
Wlater
Solo due appunti:
Se mi approccio alle mie session con un mood street, al di la delle immagini che posso portare a casa, comunque ho fatto street: nei modi di vivermi l’esperienza della città, nei modi di osservare e interagire col mondo circostante e con le persone che mi circondano, io ho sono stato “Street” durante la mia session e di questo penso che dobbiamo almeno esserne consapevoli. A casa comunque mi porto “una session di street” che magari sarà stata poco proficua vuoi per mia incapacità di cogliere attimi o per mancanza di attimi interessanti per la mia visione.
Come sai, possiamo macinare anche 20KM senza portare a casa nulla, ma sicuramente saranno 20 KM di vita vissuta in modo, a mio avviso, meno superficiale, ovvero con una attenzione tale che ogni scena, per quanto banale possa essere, alla fine ti si fissa comunque nella memoria e nel cuore.
Poi mi chiedo perchè così tanta paura dei PALETTI? Nessuno cazzarola prende una posizione chiara, ma tutti vagheggiano, scivolano in voli pindarici o in commenti sempre aperti a mai precisi. E poi questo porta a farsi che tutto sia street e nulla sia street!
Personalmente non ho voglia di nascondermi dietro un dito, la mia chiara visione della street, frutto di questa mia continua ricerca sul campo, tra i libri, nella storia e nei confronti, è stata sempre quella di una fotografia estemporanea, candid, dunque non staged, non posata o costruita artificialmente, non inquinata da azioni faziose da parte del fotografo (intendo che non mi porto un pannello giallo da casa da mettere accanto ad una striscia gialla per generare finte coincidenze), è una fotografia che mette in risalto dettagli e aspetti emozionali (per l’autore) del quotidiano spesso apparentemente poco attraenti, è una fotografia figlia del fato, non pianificata, nata dalla tua esperienza con il mondo e dalla congiunzione tra cuore, mente e pancia. E’ una fotografia in cui l’umanità emerge sia direttamente (attraverso la sua presenza) che indirettamente attraverso il suo eco, è una fotografia che non ha la pretesa di raccontare verità ma solo punti di vista dell’autore è una fotografia in cui l’equilibrio tra forma, contenuto e struttura ha più che mai una valore matematico ove la somma degli elementi per pregnanza deve comunque dare 100.
Se tutto questo ad una visione superficiale offre l’idea – errata – che una foto fatta a C… sia street… che la facciano pure, a me importa poco, in quanto ogni singolo mio scatto, prima di trasmettere qualcosa agli altri racconta qualcosa a me stesso, se ciò non avviene per gli altri non è un problema mio e mi dispiace per loro. Le foto cadranno presto nel dimenticatoio e si passerà al fotografo successivo.
Insomma, quella che ti sto raccontando, apertamente, è cosa per me è street… ovviamente non in modo esaustivo, ma che comunque mi permette di “parametrare” una fotografia street. Vogliamo chiamarli Paletti? Non so, ma per me, se esce fuori da questi termini, la foto è altro. E ritengo che chi mischi Streight Photography, Fotografia Documentaria, Reportage, Ritrattistica e Paesaggio etc non abbia ben chiaro questa idea di fotografia di strada oltre ad una superficiale cultura storica.
Io non ho verità assolute, ma su alcuni punti come vedi ho le idee chiare. Le “divergenze” come le chiami tu, nate dai nostri scambi, innescano riflessione e crescita in me sicuramente, in quanto sono sempre solito mettere in discussione ciò che ancora non ho chiaro. Su ciò che ho già chiaro invece generano semplicemente delle conferme.
Qualunque sarà il tuo prossimo commento,
sarà comunque un ulteriore tassello alla mia conoscenza.
Ciao Andrea,
allora… prima di rispondere a mia volta sulle tue risposte dei singoli blocchi, forse è meglio aspettare che ci sia un quadro completo alla risposta che ti ho scritto in cinque parti, qui ne vedo, per ora, pubblicate solo tre (manca la parte 4 e la parte 5) e se rispondo ora a una parte come la 2 o la 3 (sulla 2, per esempio potresti aver scritto la risposta senza tenere conto su cosa avevo già scritto nella 4 e nella 5) rischiamo non solo di prendere gli affluenti degli affluenti (tralasciando il fiume principale), ma rischiamo di non fare capire molto agli altri lettori o commentatori…a parte il fatto che mi sembra che qui parliamo solo noi due, almeno certamente nei cinque articoli che ho commentato.
Comunque ti accenno un chiarimento sulla risposta che mi hai dato sulla parte 2:
Quando ti ho riportato il mio commento espresso sull’altro articolo rispondendoti alla frase di Gilden sull’odore della strada, ti ho risposto così perché nell’altro articolo avevi citato solo quel passaggio sull’odore della strada…se mi avessi risposto (cosa che non hai fatto) aggiungendo elementi come ora, saremmo andati avanti nell’affinamento delle opinioni, ora rischiamo di divagare troppo e di fare perdere chi legge il filo del tema.
Tuttavia, se riporti questi passaggi su Gilden in risposta sull’altro articolo, possiamo andare avanti là.
Per tornare al discorso del “Mood” che ti sta tanto a cuore, ho già completato dei concetti sulla parte 4… comunque:
Quando tu scrivi questo passaggio (testualmente):
—–
“Sul Mood… be’ torniamo alla solita zuppa… in una session di “street” (come le chiamo io) puoi anche fare dei ritratti e saranno ritratti e non street, puoi documentare… e sarà documentazione… ma alcuni modi di approcciarti al reale, alcuni modi di comporre, inserire ed escludere saranno mossi da quel fuoco che abbiamo definito “street”, quella particolare visione che ci fa focalizzare l’attenzione su ciò che spesso passa inosservato. I risultati? A mio avviso saranno percepiti come Street. So che è un concetto che per uno streepher è sempre molto chiaro ma per un NON strepher complesso da comprendere. Forse potrebbe essere il non trovare ancora le giuste parole che esprimere questa cosa che io chiamo “mood” che può generare confusione. Non so…”
—–
…in questo passaggio:
“I risultati? A mio avviso saranno percepiti come Street. ”
…i risultati saranno percepiti come Street?
Ma da chi Andrea?
DA CHI? Accidenti…DA CHI?
Quali fruitori?
C’è tutto lo scibile umano…chi li percepirà come street?…Chi?
Come ti ho già scritto nella parte 4 … il “mood”, l’approccio, l’intento ecc sono tutti elementi importanti, fondamentali…ma NON BASTANO a garantire il risultato…
…puoi avere quel fuoco dentro , puoi comporre in quel modo, inserendo ed escludendo in quel modo, approcciarti al reale in quel modo… questo ti aiuta senz’altro a sintonizzarti con la vita e a tradurre la visione, attraverso il processo creativo (e l’apparecchio fotografico) nella Fotografia…ma non ti garantisce il risultato.
Alla fine, per poter chiamare quella serie di immagini o anche solo l’immagine singola “Street Photography” devi arrivare alla Street Photography…se non ci arrivi…non è street. Punto
E non tenere Andrea, non è che non hai trovato le parole su quella cosa che tu chiami “mood” assolutamente no…ho capito perfettamente cosa intendi…
…quelle volte che io, tu, noi, tutti…(sembra LP di Lucio Battisti) centriamo l’immagine e facciamo street (quella vera di street) allora il mood, l’approccio e l’intento, ci avrà certamente aiutato, ma tutte le numerosissime volte in cui (per con quel “mood”) non riusciremo ad arrivare alla Street…non avremmo certamente fatto “Street Photography” avremmo fatto una cosa diversa, o una cosa “banale” o una cosa “inutile”…ma non Street e il risultato “NON sarà percepito come Street”… almeno da quelli che conoscono la street.
Poi mi hai chiesto, nel finale cosa sia per me la “Street Photography”…beh, mi sembra evidente e io direi scontata deriva da “matrici storiche” e, nonostante tutti gli inquinamenti che dilagano, per fortuna in diversi autori “ipercritici” (verso se stessi) rimane viva, vibrante ed emozionante, tra l’altro nei commenti negli altri articoli abbiamo già accennato a diverse “logiche” e “dinamiche”, forse però con la confusione che c’è in giro non sarebbe sbagliato accennarla… preferirei però che fossero prima chiari i punti in risposta al tuo precedente commento…ne mancano ancora due che non sono pubblicati.
Ciao Walter… rispondere ai tuoi lunghi testi credimi sta diventando impegnativo! HA HA HA HA
Ti faccio solo una domanda… ma a questo punto mi fai capire chiaramente COSA È LA STREET VERA PER TE?
Mi dici come fai a leggere una foto e definirla “STREET VERA”? Quali elementi strutturali deve avere, quali elementi estetici? Quali elementi compositivi? Quali contenuti?
Te lo chiedo anche per far chiarezza nei lettori – che anche se inibiti nella scrittura pubblica credimi seguono attentamente questo blog garantendone la notorietà – mi basterebbe un semplice tuo decalogo per comprendere come tu leggi e percepisci così chiaramente una VERA fotografia Street.
Ti sarei grato di questa tua ulteriore delucidazione… (se possibile in modo anche più sintetico perchè questa pagina si è allungata parecchio :-))
Saluti
Ciao Andrea
Parte 5 l’ultima)
Arriviamo ai fotografi agli “antipodi” dove Mirabella non c’entrava proprio, io ti ho scritto sui nomi che hai fatto ai punti 1 e 2 di quei passaggi “si parlasse poco…” …che sono Matarazzo e Verdoliva e che, al contrario di ciò che tu affermi, non credo che
abbiano “visioni distinte di una comunque potente forma di Street Photography”
il mio parere personale (sottolineo “parere personale”) è che sono agli antipodi proprio perché mentre Verdoliva rappresenta un notevole esempio di un fotografo che è arrivato davvero alla Street Photography, ho visto in mostra immagini davvero notevoli di street e ho parlato spesso di lui e della sua opera con diversi amici negli incontri e nei dibattiti sulla street…
…per Matarazzo non la vedo così.
Per essere più preciso e per rispondere alla tua domanda diretta, alla quale non mi sottraggo:
Quando mi chiedi:
“Potresti tu per caso affermare che le foto di Matarazzo non sono street?”
Chiaramente siamo sempre dentro un opinione, un parere personale, ma è esattamente quello che affermo.
Le foto di Matarazzo, per quanto comunque profonde ed interessanti se attribuite ad altri generi e contesti, non le trovo per niente attribuibili alla Street Photography; ovviamente la sua fotografia tocca diversi generi, ma le immagini che lui attribuisce alla “sua” street photography, per me appartengono alla ritrattistica.
Poi, il fatto di aver visto la mostra di Matarazzo a Viareggio qualche anno fa, aver visto il suo sito e di nuovo al Festival di Street Photography di Pisa del settembre scorso, risponde anche alla tua malposta accusa di pregiudizio quando dici “a mano che tu non hai visto le medesime mostre”…
…come ti ho già scritto molti degli autori presenti al festival di Sanremo, sono conosciuti e dopo una, due, tre volte…non mi sembra che il genere, le visioni e i modi di fare “street”, possano essere stravolte o rivoluzonate.
Quindi: Nessun pregiudizio… esperienze già vissute…e questo te lo avevo già scritto nei primi commenti prima del festival… pertanto è doppiamente “malposta” quell’accusa di pregiudizio… semplicemente assurda.
Per ultima la tua domanda:
“INFINE perchè il termine STREET PHOTOGRAPHY MODERNA ti fa inorridire?
…a parte che non sopporto gli inglesismi mescolati con l’italiano soprattutto nei termini di definizione… meglio “Modern Street Photography” o “Fotografia di strada moderna”…
… più che inorridire quel termine mi amareggia, come amareggiano le “involuzioni” nascoste e camuffate da “evoluzioni”…
…la fotografia di strada è un genere difficilissimo ed è molto facile cercare facili vie alternative, io insisto sulla parola “scorciatoie” (abbondantemente motivata prima)…ripeto: sdoganare termini come quello, giustificando così il fatto che ci si può mettere dentro tutto, tanto sta tutto nel termine “moderna”… è pericolosissimo!
***
Questi sono i tanti motivi per i quali la tua risposta mi ha molto sorpreso.
Quello che hai scritto, unito alle tue affermazioni e considerazioni sul festival, mi portano a pensare che, contrariamente a quello che poteva sembrare dalla lettura dei commenti agli altri articoli, NON la pensiamo affatto in modo simile…ma probabilmente in modo molto molto diverso…
…ma, del resto, non è mica obbligatorio pensarla allo stesso modo.
Un saluto
Walter
Ciao Walter, si concordo con te! Non la pensiamo affatto allo stesso modo!
Per me Verdoliva e Matarazzo sono diversamente Street ma sono Street. Nell’ultima chiacchierata con Salvatore di qualche giorno fa, mi confermava come lo scatto nascesse un attimo prima della posa, come esso avvenisse con un guizzo emozionale inspiegabile, con una libertà di espressione unica e al tempo stesso umana. Entrambi i fotografi si approcciano all’umano, ho parlato e mi sono confrontato su questo anche con Umberto, essi lo vivono in modo diverso, con poetiche diverse ma comunque in strada li vedi danzare come bimbi al parco giochi.
Modi diversi, ma pur sempre street.
Io sono stato uno skater, e continuo ad esserlo dentro. Per me andare in strada significava e significa prendere la tavola e andare… non pensavo a nulla se non a spingermi, saltare e vivere la città, mi rapportavo con le strutture urbane, con i miei limiti e con quelli della mia tavola, in modo curioso e creativo cadevo, si cadevo … tantissime volte, ma ogni volta mi rialzavo e ricomiciavo. Se un passamano o una panchina era perfetta dovevo andare su… e provare, provare, provare, solo per gustare quell’attimo impalpabile di adrenalina e soddisfazione e liberta che la chiusura di un Trick mi regalava. A casa tornavo dopo tante ore, sporco, sudato, che puzzavo di asfalto e spesso con un graffio, un livido o una ferita sporca di terra.
La tua visione la percepisco più quella di un motociclista romantico, attendo ai dettagli della moto, agli equilibri funzionali della meccanica che gode della magia del vento che accarezza la pelle e della voglia di viaggiare sapendo sempre dove andare. Ogni cosa al posto giusto, ogni elemento con una chiara funzione. Un equilibrio chiaro e perfetto, difficile da raggiungere, ma che da pienezza dell’essere. L’imprevisto… sempre calcolato 🙂 – almeno questa è la mia impressione.
Non significa l’uno sia giusto e l’altro sbagliato… significa solo che siamo diversi ma egualmente liberi.
Grazie di queste chiacchierate
Un Saluto
Andrea
Ciao Andrea,
Parte 4)
Visto che hai tirato fuori, l’intento enfatizzando il termine con il grassetto, chiariamolo un attimo il concetto di INTENTO.
Tu scrivi:
—
Se il risultato di queste passeggiate, per forma, struttura e contenuto, saranno poi percepite come STREET, allora i più definiranno questo fotografo uno “STREEPHER”. Se non lo saranno allora avremo altro tipo di fotografia… ma OCCHIO, è l’intento che muove tutto e questo è ben diverso da quello che muove chi va fare reportage, documentaristica, paesaggio e tutti i vari altri generi oggi presenti.
—
… allora, intanto sarebbe interessante capire DA CHI “saranno poi percepite come STREET”… chi sono? Chi saranno questi “i più”?
Quelli che a loro volta seguono quella scia? Persone che contribuiscono alla “deriva”? Forse allievi di chi insegna quella Fotografia chiamandola Street?
Ma rimaniamo sull’intento…
…tu scrivi “è l’intento che muove tutto”…
Bene, facciamo allora una necessaria “scissione” tra il “concetto” di intento…e i “rapporti” tra INTENTO/RISULTATO/ATTRIBUZIONI
Partendo dal “concetto” ti dico che è chiaro che se uno parte con l’intento di fare del reportage o di fare della ritrattistica, intanto si dà già una tematica ben più “definita” della Street e l’approccio nello scatto nella ricerca di ritratti o nella documentare situazioni urbane, sociali ecc è senz’altro diversa dal rimanere “liberi” e “aperti” alla “vita” e a tutto quello che essa ti presenta… questo lo sappiamo bene.
Proprio partendo da questo, però, occorre fare un paio di esempi:
Difficilmente, se parto con l’intento di realizzare una ricerca di “espressioni di vita” che si basa però su ritratti di persone colte per strada, anche se sono per strada e se cerco di non decontestualizzarle troppo… difficilmente sto facendo Street…
… analogamente, e in modo più evidente, se vado in giro con macchina e flash, sparando improvvisi e inaspettati colpi di flash in faccia a persone che più o meno “sorprese”, più o meno “spaventate”, che per questo assumono espressioni dal “terrificato” al “grottesco”… altrettanto difficilmente sto facendo Street…mi dispiace (sempre parere personale) ma sono sempre dentro la ritrattistica…poi posso dichiarare che il mio intento sia di fare street…ma sono decisamente lontano dalla street. (E in giro, in Italia e fuori Italia ci sono diversi esempi di questo…)
E ora veniamo ai “rapporti” tra INTENTO/RISULTATO/ATTRIBUZIONI:
Ammettiamo che siamo per la strada con l’intento perfetto per fare Street (niente reportage, ritratti, architettura ecc.), siamo liberi e aperti al mondo, guardiamo il mondo con la curiosità di un bimbo, con l’approccio giusto, il mood giusto, l’intento giusto…con quel caspita che vuoi… giusto…ma poi, perché quelle mattine non erano le mattine giuste (anche distanti tra loro), perché il passante non era giusto, perché quel qualcosa non si è concretizzato, perché qualcosa ha rovinato l’immagine, perché quelle immagini non si sono completate nel contenuto giusto…
…quel giorno, quei giorni, abbiamo scattato poco, e quel poco che abbiamo scattato andrebbe sicuramente “scartato”…
…quanti sono veramente selettivi?
…quanti accettano la realtà che in quelle immagini non c’è niente?
…quanti le scartano?
…quanti invece le “buttano in pista” mescolandole con poche, a volte pochissime discrete? E così facendo daranno al “fruitore” che osserva mostra un prodotto di scarsissimo valore.
…quanti si accorgono che quelle immagini non hanno raggiunto la “Street Photography”? Quanti si accorgono che non ci sono arrivate quelle immagini alla street? Che si sono fermate…queste due, al massimo sono ritratti…queste tre, al massimo sono reportage urbano…questa però è una bella immagine di reportage sociale, ma non è street…
…dimmi Andrea quanti se ne accorgono?
…quanti fanno finta di non accorgersene?
…quanti sono arrivati davvero a saper “pesare” le differenze?
Non sono moltissimi sai…perché quelli che ci sono arrivati davvero alla “street photography” quella vera…quelli che “c’è l’hanno dentro”…sanno bene cosa non è street…hanno centinaia, migliaia di scatti fermi come negativi o come files che non servono come stampa, o come mostra, servono come “stratificazione di consapevolezze”, servono per la propria crescita, per salire ancora uno di quei scivolosissimi scalini.
E…tra chi inizia, e chi è davvero arrivato alla street? Quante “tonnellate” di esempi di “vie di mezzo” ci sono? E in queste tonnellate di esempi, quante immagini “banali” e “insignificanti” ci sono?
Tu sai bene che la “banalità” e la “retorica” sono sempre presenti tra i nemici più insidiosi della street…
… EPPURE?
Eppure quelle decine, quelle centinaia, quelle migliaia di persone che giravano quelle mattine, quei pomeriggi, nelle strade di tutto il mondo…avevano l’intento giusto, il mood giusto, l’approccio giusto…
L’INTENTO era quello, era giusto, era perfetto
…MA quella NON ERA “Street Photography”.
…di conseguenza, i rapporti tra INTENTO/RISULTATO/ATTRIBUZIONE ti dicono che “l’intento” non garantisce affatto il “risultato”…
…e ti dicono anche che non ha alcun senso ATTRIBUIRE un’immagine o una ricerca fatta da una serie di immagini solo sulla base dell’INTENTO…
L’intento NON BASTA per essere “Street Photography” quell’immagine o quelle immagini devono ARRIVARE AD ESSERE “Street Photography”.
Caro Walter continuo a pensare che la nostra visione di cos’è Street sia diversa.
Per te un ritratto fatto con flash in strada ad un soggetto che ha attratto il fotografo, NON E’ STREET??? Per me può esserlo. Mark Cohen per me è street! Matarazzo in svariati ritratti lo percepisco street! Dirty Harrry è street, Boris de Flash è street! Insomma questo tipo di uso del flash in strada per me è street.
Sul discorso di intento, sono d’accordo solo sul fatto che questo non basta per portare a casa una buona foto e che sarebbe auspicabile in tantissimi neofiti e non solo, un miglior e curato pensiero critico. Non è che la mia voglia di voler scrivere una poesia fa di me un poeta! Dunque qui entriamo nella capacità di autocritica e di auto-lettura delle proprie immagini: messo il proprio EGO e Affezione da parte, in molti non sono in grado di fare un’analisi oggettiva di un’immagine, da qui l’inserimento nel calderone di tutto.
Ma per questo ci sono i Festival, le letture di portfolio, i libri e tanta altra roba.
Personalmente, quando pubblico le mie session, personalmente non me ne Frega nulla che vengano percepite come STREET, o RITRATTO o FOTOGRAFIA PAESAGGISTICA o SCARTI O IMMAGINI SPAZZATURA.
QUALUNQUE ALTRA ETICHETTA… essa resta sempre la mia fotografia, nessuno è obbligato a guardarla punto. Per i me “I più”, sono si il grande pubblico dei workshopparoli – che comunque dovresti a mio avviso rispettare di più perchè comunque hanno quella curiosità nell’imparare e conoscere – ma anche chi è abituato a fruire immagini di qualità ma anche chi no, come la casalinga di Voghera e il sacrestano della chiesetta di paese, questi sono coloro che definisco “I più” questi sono il pubblico a cui mi piace arrivasse la fotografia spontanea definita “Street”.
Per quanto riguarda l’Intento, lo continuo a ritenere la molla iniziale da cui nasce tutto; l’intento veicolato ovviamente da quello che io chiamo approccio.
Ovviamente questo non significa che una foto è street anche quando è fatta a C…!
Perchè allora tanto vale mettere una GoPro in testa ad un cane a lasciarlo libero per la città.
Una foto street prima di tutto è Fotografia, necessita di contenuto, forma e struttura.
E’vero L’intento NON BASTA, ma è il punto di partenza – secondo me.
Ciao Andrea,
Parte 3)
Prima di parlare del concetto di intento, chiariamo un attimo il concetto di “scorciatoie” sul quale evidentemente non hai capito quello che intendo dire…
Tu sai certamente bene che per moltissimi generi fotografici ci sono già i “soggetti” (paesaggio, ritratto, caccia fotografica, nudo, architettura, foto astronomica, guerra, ecc.)…bene, uno degli aspetti che sottovaluta la maggior parte della gente è che nella “Street Photography” i soggetti non esistono già in quanto soggetti, ma vengono estrapolati dalla vita di tutti i giorni…dove c’è tutto…ma dove allo stesso tempo non c’è niente…
Ora, se io vado per la strada e scatto fotografie alle persone circoscrivendo l’immagine sulle persone, decontestualizzando le stesse persone… nella maggior parte dei casi mi fermo al livello di ritrattistica (magari notevole, profonda e molto interessante…ma sempre e solo ritrattistica)…
…se non decontestualizzo le persone e queste rimangono inserite nel loro ambiente, ma non sono riuscito a coglierle in un momento significativo che porta l’immagine OLTRE il ritratto…rimango all’interno di un “ritratto ambientato” NON della “street photography”…
…se scatto alle persone che sono inserite in un “contesto sociale” come per esempio gli extracomunitari che vendono prodotti o che lavano i vetri delle automobili ecc… ma con quelle immagini non sono riuscito a “cristallizzare” quel “momento significativo” che (torniamo lì) porta l’immagine OLTRE un ottima valenza nel “sociale”… rimango all’interno di un “reportage sociale” (certamente ottimo, profondo e interessante), ma non ho fatto “street photography” ho fatto “reportage sociale” appunto…
E se nella ritrattistica (tutta) e nel reportage (urbano, sociale, di viaggi ecc.) i soggetti in qualche modo esistono già in quanto soggetti (poi il fotografo si cerca i suoi soggetti all’interno di questi “soggetti”)…nella Street Photography i soggetti non esistono già in quanto soggetti, devi arrivare tu a vederli, perché arrivi a sentirli, a viverli…
…devi riuscire a sintonizzati con la vita, a “sentirla” fino ad arrivare a pre-sentirla, a “sorprenderla” quando lei ti “sorprende”…devi arrivare a “viverla” con un’intensità tale da compenetrarti in essa…fino a rappresentarla nei suoi momenti più “fulgidi”…fino a condensare la vita riuscendo a rappresentare (come scrisse qualcuno molto più famoso e conosciuto di me) la “convergenza” o se preferite la “coincidenza” tra “l’effimero” e la “perfezione”.
Ma se io vado in giro a scattare ritratti (con qualsivoglia approccio e qualsivoglia mood che vuoi…) o a scattare immagini “urbane” o “sociali” (sempre con l’approccio e il mood che vuoi), e poi non le presento e non le espongo attribuendole (parere personale) a ricerche sul “ritratto” o “ritratto ambientato” o “reportage urbano” o “reportage sociale ” ecc … ma le presento come “Street Photography “… altro che “tarlo” (per usare un tuo termine Andrea)…altro che “tarlo”…
… ma il “tarlo” non lo sente…e se lo sente, sparisce subito… perché chi fa ritrattistica, chi fa reportage urbano, reportage sociale ecc e si autodefinisce “street photographer” …la Street Photography (quella vera… sempre parere personale) l’ha certamente vista, magari l’ha anche studiata, magari ha perfino provato a farla… poi però (forse non gli piaceva, forse non c’è riuscito, forse ha preferito altri generi, ecc.) ha fatto cose diverse…
Potrebbe chiamare quelle ricerche per quello che sono…il Reportage sociale o la ritrattistica non hanno affatto una valenza espositiva o di mercato fotografico inferiore alla Street Photography… assolutamente no. Hanno la stessa identica valenza, ma sono due cose diverse come il “nudo” e “l’architettura”…
…ma No. Non vogliono chiamarle in altro modo se non Street Photography.
Perché?
C’è un “aurea” particolare sulla Street in Italia? In Europa? Nel mondo?
Uno magari dice:
Io voglio essere uno “Streepher”
Io fotografo per la strada e quindi faccio street…
Chi lo dice che questa non è street?
Ma come si permette?
Sulla base di cosa?
Chi detiene la verità?
Chi ha dettato le regole?
Chi le ha inventate?
Chi le ha scritte?
Tutto è opinione e tutte sono opinioni, Andrea, tutto, ogni cosa che diciamo è solo un’opinione personale…
… ciononostante non tutto è street e questo è più che evidente…
…la strada per arrivare alla Street (quella vera) è lunga, difficile, faticosa, ripida, fatta di migliaia e migliaia di scalini scivolosissimi…bisogna “arrivarci” a fare street…
…e chi dice di fare street non facendo Street può benissimo dare alle proprie ricerche un’attribuzione più “vera” e “centrata” con il genere che realmente rappresenta…
… c’è chi non arriva a fare street (parete personale) o non vuole fare street, ma vuole chiamarla Street…
…sono queste, Andrea, le… SCORCIATOIE.
Su questo punto sfondi una porta già aperta. Lo streepher non ha interesse ha definirsi steepher ma ha una forte esigenza di rapportarsi con il reale, sfruttare anche con “sofferenza” la quotidianità per carpire quelle impalpabili emozioni che generano quella scarica di adrenalina che ti porta allo scatto. Non sai perchè lo fai… lo fai e basta perchè ancor prima della foto vi è una intima esigenza di scattare… quasi una panacea per l’anima.
Quando scrivi “…devi riuscire a sintonizzati con la vita, a “sentirla” fino ad arrivare a pre-sentirla, a “sorprenderla” quando lei ti “sorprende”…devi arrivare a “viverla” con un’intensità tale da compenetrarti in essa…fino a rappresentarla nei suoi momenti più “fulgidi”…fino a condensare la vita riuscendo a rappresentare (come scrisse qualcuno molto più famoso e conosciuto di me) la “convergenza” o se preferite la “coincidenza” tra “l’effimero” e la “perfezione”.”
Descrivi esattamente quella convergenza di intenti che accomuna gli “strepher” percepiti come tali. Le etichette, le auto-etichette lasciamole a chi fa la fotografia per “trend” o per semplice esercizio di stile. Le foto prive di quel fuoco si leggono, si notano e vengono percepite – da chi fa street – come “altro”.
Se queste sono le scorciatoie a cui fai riferimento, allora si… per me sono solo bugie o illusioni con le gambe corte, che alla fine svaniscono nel dimenticatoio così come i loro autori.
Ciao Andrea,
Parte 2)
Torniamo su un argomento che abbiamo già affrontato e che mette in pista una tua affermazione in risposta a una mia affermazione:
Quando in risposta alla mia affermazione:
—
“Come ti ho scritto in altri commenti NON TUTTO È STREET” e molte, molte molte delle cose che si vedono ai festival (compreso certamente quello che tu hai appena vissuto) non ci incastrano nulla con la Fotografa di strada…”
—
…tu rispondi con (testualmente):
—
“In verità tutte le opere in mostra in questo FESTIVAL a mio avviso sono state STREET, per mood e approccio.”
—
…tu torni appunto su un argomento che abbiamo già affrontato nell’articolo “Street Photography, un approccio alla vita”, sul quale ci siamo scambiati ben cinque commenti e, proprio nell’ultimo commento (quello del 27/03/2023), te lo riporto:
—
“Si Andrea,
sono convinto anch’io che mettersi a scrivere improbabili “definizioni” o confini della Fotografia di Strada porterebbe entrambi a spendere migliaia di digit senza arrivare a definire un bel niente…
Chiarito questo, cono convinto che qualche distinzione andrebbe comunque fatta (certo non qui e non ora)… perche chi pensa di fare “Street Photography” cercando i milioni di “scorciatoie”, invece di percorrere una strada bellissima, sublime, ma costellata di ostacoli e affinamenti, di “stratificazione di consapevolezze”… ritiene di aver raggiunto qualcosa che, invece, è ancora molto lontano.
Per tornare al “mood estetico” di cui parlavi prima, ho ben capito quello che intendi, tuttavia anche l’approccio con cui la foto è stata realizzata non garantisce nè determina che quell’immagine sia poi effettivamente “Street”.
Anche l’esempio della frase di Gilden mi lascia spesso perplesso… sai perchè? Perchè tra tutte le citazioni sulla fotografia questa (con altre due o tre…) non mi trova d’accordo:
“L’odore della strada” puoi sentirlo anche in un ritratto ambientato che, per mancanza di una qualche “correlazione” o di “pregnanza semantica” non raggiunge nè è definibile “Street Photography” (poi ognuno ha i suoi parametri o il suo spirito critico), ma rimane nell’ambito della “ritrattistica”.
“L’odore della strada” puoi sentirlo anche in un’immagine di “reportage urbano” che, per mancanza degli stessi elementi citati prima, non raggiunge nè è definibile “Street Photography” ma rimane nell’ambito del “reportage urbano”.
…e così via…
La “Street Photography” è sempre qualcosa che va “oltre” e, senza quei contenuti (di cui tu stesso hai accennato parlando di quelle tue immagini), difficilmente potremmo definirla tale…
—
…nella parte centrale della risposta che ti diedi, c’è la risposta a questa tua affermazione:
Per TE il “Mood” e “l’approccio” sono sufficienti a fare appartenere alla “Street Photography” un’immagine o una serie di immagini…o a definirle tali.
Per ME no! Ma proprio No! Proprio per niente. Puoi aver avuto l’approccio o il “Mood” che ti pare…ma se poi l’immagine si “ferma” (virgolette d’obbligo, perché sono generi altrettanto validi ..ma “altri generi”) al livello di un ritratto o di un reportage urbano, o sociale ecc… e … NON VA “OLTRE”…non raggiungerà mai la “Street Photography”, non sarà mai una “vera” Fotografia di strada.
(…poi analizzeremo anche il concetto di “intento”)
… continua nella parte 3)
Ciao Walter, quando mi riferisco a Gilden non mi riferisco solo al suo “odore della strada” – che in un certo qual modo abbiamo già discusso – ma alla modalità di composizione, al modo in cui si pone e palesa le sue visioni e alla semantica generale della sua fotografica che è ben riconoscibile e distinta da quella di un Cohen – un decennio prima. Dunque – a mio avviso – nonostante entrambi abbiano apparentemente un “modus operandi” simile in verità esso è molto diverso per tutta una serie di motivazioni, storiche, territoriali, esperienziali etc. Essi vivono in un momento storico ben precisa e con una estetica sociale ben precisa, dunque la loro fotografia è espressione del quotidiano che stanno vivendo in quel momento.
Sul Mood… be’ torniamo alla solita zuppa… in una session di “street” (come le chiamo io) puoi anche fare dei ritratti e saranno ritratti e non street, puoi documentare… e sarà documentazione… ma alcuni modi di approcciarti al reale, alcuni modi di comporre, inserire ed escludere saranno mossi da quel fuoco che abbiamo definito “street”, quella particolare visione che ci fa focalizzare l’attenzione su ciò che spesso passa inosservato. I risultati? A mio avviso saranno percepiti come Street. So che è un concetto che per uno streepher è sempre molto chiaro ma per un NON strepher complesso da comprendere. Forse potrebbe essere il non trovare ancora le giuste parole che esprimere questa cosa che io chiamo “mood” che può generare confusione. Non so…
Mi chiedo cos’è secondo te una “VERA” fotografia di strada… sapresti offrirmi un elenco di punti che definiscono – secondo te – una “vera” foto di street? Cosa deve esserci? Cosa non deve esserci? Insomma, quali sono arrivati a questo punto per te le cose che fanno di una fotografia una vera fotografia street?
Ciao Andrea,
devo dire che la tua risposta al mio commento mi sorprende…ma mi sorprende parecchio, e per ben più di un motivo:
Per argomentare sui punti della tua risposta, devo dividere i commenti… le tue domande sono serie, e le mie risposte sono conseguenti.
Parte 1)
Partendo da dove sei partito tu…
…la questione del nome e cognome…
In un mondo in cui la stragrande maggioranza di siti, blog ecc. vanno avanti a suon di “nickname”, in un mondo in cui in molti danno nome e cognome che non corrisponde al proprio ecc… è curioso che tu chieda di “palesarmi ufficialmente”…con nome e cognome… se ti scrivessi che mi chiamo “pinco pallino” (mettendo lì un nome e cognome fittizi)…cosa cambierebbe?
Il mio nome: Walter, te l’ho ben scritto già dal primo commento, il cognome: Viaggi non so a cosa ti possa servire o a cosa possa servire ai lettori, le informazioni su come vedo la fotografia, soprattutto quella di strada, te le ho abbondantemente scritte (e sono visibili ai lettori) negli svariati commenti ai tre articoli (“approccio alla vita”, “perché avere o non avere un sito” e “momento decisivo… che esiste”).
Non capisco pertanto che cosa si debba “palesare”, ne tantomeno il “perché”.
Tu parli di “presa di responsabilità delle varie affermazioni che via via vengono scritte”…
…ma di cosa stai parlando?
Responsabilità? Ma qui non stiamo mica ricoprendo di “ingiurie” qualcuno…non stiamo mica “offendendo” nessuno…
Mi sembra scontato il fatto che in fotografia di verità assolute non ce ne sono (a parte quelle nascoste nei tecnicismi), di dogmi non ne esistono…ed è altrettanto chiaro che tutto quello che viene espresso, scritto ed affermato nei commenti, non è una verità assoluta o un’affermazione per la quale ci si debba assumere delle “responsabilità”…e solo ed esclusivamente un’opinione personale, punto.
Se per esempio io scrivessi in uno di questi commenti che la fotografia di Andrea Scirè non è per nulla “street photography” (è solo per fare un esempio, naturalmente), non sarebbe un’accusa per la quale ci si deve assumere le proprie “responsabilità”, ma solo un’OPINIONE PERSONALE che è quel che è…e che vale quel che vale…
…a quel punto, un nickname come “l’orso stanco” o “motocross” o un qualsiasi nome inventato come “Antonio”, “Luigi”, “Mauro” o “Tiziano” non cambia proprio nulla.
Ciao Walter, la mia richiesta era semplicemente perchè la natura dei tuoi commenti, sempre molto puntigliosa e precisa merita – secondo me – un riferimento chiaro all’interlocutore. Non vedere la “responsabilità” nella sua eccezione negativa, ma nella sua forma più bella e limpida. Sei sapiente, conosci bene il mondo della Street Photography ed è sempre un piacere dialogare con te. Dunque mi sarebbe piaciuto avere un riferimento reale del mio interlocutore preferito.
Poi convengo con te, puoi anche chiamarti con un nick o altro… come dici tu “non cambia nulla” nella sostanza. Le argomentazioni poste sono sempre pertinenti e garbate, del resto come vedi, ogni tuo scritto viene regolarmente pubblicato e commentato. Il mio era un voler dare un volto alle belle parole e ai bei commenti che sei solito fare. A te comunque sempre piena e libera facoltà di esposizione.
🙂
Ciao Andrea,
e meno male che e solo il “primo atto”, perché ne hai già messe parecchie di cose in pista.
Partiamo da questo passaggio (testualmente):
—-
“Pali, paletti e regolette? Ma chè… impossibile prendere una posizione chiara!
Si è discusso forse sul tema più caldo degli ultimi anni, che ha diviso e continua a dividere fotografi, concorsi, lettori e critici…
Il risultato? Che allo streepher al di la di tutto… non importa saperlo!
Sicuramente un vero streepher non ha limiti, non si sente limitato e non si considera “streepher”, ma semplicemente una persona “comoda con il proprio mezzo fotografico” [cit. Stefano Mirabella] che esprime la propria visione del mondo attraverso un approccio fotografico che magari dopo viene etichettato come street.”
—
…il risultato è che a uno “fotografo di strada” non importa saperlo?
Ma certo! È naturale!!
È la posizione più comoda di tutte… e la posizione più comoda per tutti… così tutti fanno “fotografia di strada” o meglio… credono di fare “fotografia di strada” e sono ampiamente titolati a definirla così, a esporla così e perfino ad insegnarla così…
“Sicuramente un vero streepher non ha limiti…”???
…mi vedo costretto a fare una precisazione necessaria:
Quando uno gira per strada con qualsivoglia strumento capace di fare fotografie… ovviamente non ha limiti, può scattare quello che vuole e ottenere le più svariate immagini…
… può fare fotografia di:
“architettura”
“documentaristica”
“reportage urbano”
“reportage di viaggi”
“reportage sociale”
“ritrattistica generica”
“ritrattistica inconsapevole”
“ritrattistica consapevole”
“ritrattistica ambientata”
ecc, ecc, ecc.
…come detto, non ha limiti…
Perché, tuttavia, quando poi si seleziona quella sua serie di immagini, non la seleziona, non la attribuisce, non la espone, non la presenta e non la “insegna” (se proprio deve) con la logica appartenenza al genere che realmente appartiene?
Perché in tantissimi (davvero troppi) si ostinano a “buttare tutto dentro” il “bidone” (termine tutt’altro che inopportuno) della “Street Photography”?
Perché è di moda?
Perché ha una sorta di “aurea internazionale” ricercata? Perché ha una teorica valenza positiva ulteriore, che la semplice appartenenza alla “ritrattistica” o a un genere di “reportage” non gli garantirebbe?
Come ti ho scritto in altri commenti NON TUTTO È STREET” e molte, molte molte delle cose che si vedono ai festival (compreso certamente quello che tu hai appena vissuto) non ci incastrano nulla con la Fotografa di strada…
…ma si sa…prendere le scorciatoie è molto più facile…
I quattro punti poi, sui quali hai evidenziato che il poco tempo ha fatto sì che si parlasse poco di:
1) …
2) …
3) …
4) …
…(con i nomi (di fotografi) dei primi due punti che sono agli antipodi, nel concepire e fare fotografia)…
…non avevo dubbi che alla fine avreste parlato poco o niente di quelle importantissime questioni…
E il finale di questo primo atto (testualmente):
—
“Insomma… questa tavola rotonda in circa 2 ore ha messo in campo una serie di spunti di riflessione che meriterebbero sicuramente una più estesa trattazione… ma sicuramente hanno innestato dei tarli in tutti i partecipanti.
Se questo era l’obiettivo… CENTRATO IN PIENO!”
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Non voglio Andrea togliere quel dolcissimo sapore di caramella al miele che questa bellissima chiusura: ”Se questo era l’obiettivo… CENTRATO IN PIENO!” … può portare ai lettori…
…ma l’esperienza (vissuta in diversi (molti) altri convegni, festival ecc. alcuni dei quali anche dove c’erano alcuni di questi protagonisti) mi dice che quel “tarlo” non esiste, e se è esistito per un attimo, e poi sparito altrettanto velocemente… se qualcuno ha riflettuto lì su qualche questione di quelle affrontate, quella riflessione…nella quasi totalità dei casi, andrà svanendo lentamente e sparirà, come spesso accade, proprio come i dubbi, i tarli e i concetti…”scritti sull’acqua”.
Chi faceva “Street Photography” prima (quella vera, emozionante, profonda) la farà anche dopo… perché ce l’ha dentro…perché è davvero arrivato con costanza, dedizione, sensibilità, attenzione ecc. ecc. ecc.ad “avercela dentro”…
Chi non la faceva prima…
… continuerà a non farla nemmeno dopo… continuerà a fare “altre cose”, magari tra quelle che ti ho elencato prima, o magari altre ancora…ma alla “Street” (quella vera) non ci arriverà comunque, ma lo sai una cosa curiosa?
Lui continuerà a chiamarla “Street Photography” e magari la insegnerà chiamandola proprio” Street Photography” cosa “pericolosissima”.
Se cominciamo a “sdoganare” termini TERRIBILI come la “STREET PHOTOGRAPHY MODERNA” (brina nella schiena) che non esiste, sottolineando poi che in questa, la “STREET” comincia a “svanire”…allora il quadro è completo e continua ad essere decisamente allarmante.
Ma non solo il “Primo atto” … tutto il “quadro” è allarmante.
Un saluto.
Ciao Walter,
visti i tuoi sempre puntuali commenti penso che sia giunto anche il momento di Palesarti ufficialmente, offrendo ai lettori, anche per trasparenza nella comunicazione e presa di responsabilità delle varie affermazioni che via via vengono scritte, maggiori informazioni su di te… insomma, almeno Nome e Cognome, sarebbe gradito 🙂
Detto questo, vorrei precisare alcune cose, tu scrivi:
In verità tutte le opere in mostra in questo FESTIVAL a mio avviso sono state STREET, per mood e approccio. Inoltre ognuna di essa ha mostrato sfaccettature più o meno forti, più o meno blande, più o meno borderline, ma che nascono comunque da modi diversi di approcciarsi alla strada e alla gente. Penso che le mostre di questo festival offrano un ampio panorama di visioni a chi le osserva. Dunque a meno tu non abbia assistito alle medesime mostre, trovo basata su un pregiudizio la tua affermazione: “(compreso certamente quello che tu hai appena vissuto)”.
Scorciatoie??? Ma cosa dici??? Se apriamo tutte le porte, ovviamente vale l’affermazione “SE TUTTO E’ STREET, NULLA E’ STREET”!
In verità non è così. Quando uno va in strada a fotografare, certamente non dice “ora vado a fare street”… ma semplicemente prende la sua fotocamera e si approccia al mondo con un proprio e personale stile di vita e visione.
Se il risultato di queste passeggiate, per forma, struttura e contenuto, saranno poi percepite come STREET, allora i più definiranno questo fotografo uno “STREEPHER”. Se non lo saranno allora avremo altro tipo di fotografia… ma OCCHIO, è l’intento che muove tutto e questo è ben diverso da quello che muove chi va fare reportage, documentaristica, paesaggio e tutti i vari altri generi oggi presenti.
Per quanto riguarda il fatto che 2 autori fossero agli ANTIPODI, ovviamente parlo di Mirabella e Matarazzo, era proprio il cuore di questa tavola rotonda… Potresti tu percaso affermare che le foto di Mirabella non sono street? E potresti fare lo stesso per quelle di Matarazzo?
Visioni distinte di una comunque potente forma di Street Photography.
Forse dal mio articolo non si coglie che tra il NON PARLARNE e l’INIZIARE A PARLARNE c’è una grande differenza, anche qui, di Intenti. Ci vorrebbero ore se non giorni per discutere argomentando sempre in modo oculato tali posizioni e alla fine si converrebbe, almeno secondo me, che “esistono” delle “Regole mute nell’etica dello street photographer”, regole e non paletti, che fanno percepire una foto come Street, ma queste sottendono sempre L’INTENZIONE (APPROCCIO) che è la chiave di tutto – almeno secondo me.
Credimi che il tarlo esiste, ed è quello che genera cambiamento e fa crescere chi si mette in discussione e riflette ogni momento sul proprio operato. So che ti DISTURBA PALESEMENTE che qualcuno si metta in cattedra ad insegnare quando non ha il “sacro fuoco della street” – sono sincero un po’ anche a me, specie quando fatto senza una reale cultura fotografica, rischia di fare enormi danni – ma a mio avviso sottovaluti anche troppo l’intelligenza delle persone e di quei fotografi “voraci di workshop” che alla fine sviluppano una propria idea autoriale e comprendono meglio che strada seguire.
INFINE perchè il termine STREET PHOTOGRAPHY MODERNA ti fa inorridire? Partendo da inizio 900 sai benissimo che ogni decennio è stato segnato da un cambiamento di visione e di stile, Sai benissimo, presumo, come la fotografia di un COHEN sia diversa da quella di un GILDEN 15 anni dopo e come le provocazioni di un MARTIN PARR anni 2000 siano diverse da quelle di oggi.. .si potrebbe continuare per ore… Se la parola MODERNA – figlia della quotidianità che varia nel tempo – non è corretta forse CONTEMPORANEA potrebbe essere più azzeccata?
E questo è solo il primo ATTO 🙂
Grazie del commento
A presto