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Sono parecchi anni che fotografo, iniziai con una nikon 3100 che stava in una tasca per culminare con una reflex digitale  con  battery pack + 70-200mm f4 montato + uno zaino pieno di ottiche e cianfusaglie varie… praticamente me ne andavo in giro  carico come un asino e pesante come un macigno… arrivavo a fine giornata a non sentire più la schiena dalla forte stanchezza.

La gente si accorgeva di me già da lontano e in una Sicilia diffidente la mia discrezione era pari a quella di un elefante in salotto.

Poi un giorno, la mia schiena mi ha definitivamente mollato e con essa le mie gambe…  nei mesi passati a letto iniziai a scoprire un modo diverso di fare fotografia.

Negli anni precedenti a quel periodo avevo riempito la mia libreria di libri di tecnica fotografica, avevo approfondito ogni genere di fotografia dal ritratto posato alla macro, dal paesaggio alla fotografia in studio; formule matematiche e regole stilistiche erano diventate un ossessione,  il rigore della composizione  era diventato una mania e la ricerca dell’ultimo ritrovato tecnologico in grado di gestire meglio il rumore e la gamma cromatica assorbiva tutto il mio tempo libero.

MERA SPECULAZIONE FOTOGRAFICA!

Fino a quel momento avevo guardato il dito e non la direzione verso cui indicava, ero assolutamente abbagliato dal superfluo e avevo dimenticavo le due cose veramente importanti in una foto:

FORMA e CONTENUTO.

Questi due semplici principi bastavano a chiudere  il cerchio,  rompendo ogni schema tecnico teorico che ormai naturalmente applicavo nei miei scatti.  Fu così che iniziai a “Nutrirmi di Foto”…  si proprio così, iniziai ad osservare, studiare e godere degli scatti più o meno famosi di fotografi fin ad allora da me poco conosciuti: Saul Leiter, Elliott Erwitt, Scianna, Gianni Berengo Gardin, Mark Rosales, Angelo Cirrincione… non mi importava la loro notorietà ma solo comprendere il loro modo di vedere la realtà.

Tutte le foto che mi attiravano in maniera viscerale alla fine erano state quasi sempre scattate  con macchine fotografiche poco appariscenti, con ottiche fisse, molto luminose, le quali  per apparente semplicitá  riuscivano ad abbattere quel muro di diffidenza che solitamente irrigidisce i muscoli e rende poco naturali i soggetti fotografati.

Non è la macchina che fa la foto, ma l’occhio del fotografo, una foto perfettamente equilibrata, tecnicamente perfetta, ma priva di contenuto rimane solo un esercizio tecnico privo di significato.

In quei mesi stavo passando finalmente dal chiedermi COME al chiedermi PERCHÈ volevo scattare una foto.

In quei mesi ho compreso che non era necessario possedere il mega zoom  o la super reflex  per ottenere degli scatti validi,  e che la continua ricerca tecnologia assume valore solo quando vi è un miglioramento che  produca una maggiore capacità espressiva.

dovevo diventare invisibile, discreto, leggero e poco  invadente…
…misi subito in vendita tutto il mio pesante corredo fotografico!

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