Mi batte il cuore come ogni sacrosanto giorno, poi scendo in strada e lui inizia ad incalzare, prendo in mano la mia macchina fotografica e lui inizia a frizzare… cammino… e ad un tratto qualcosa desta la mia attenzione… click!
Quando l’otturatore si chiude per un attimo mi manca l’aria, per un attimo mi sento confuso e libero al tempo stesso; quando si chiude l’otturatore il cuore pare fermarsi per poi riprendere il suo ritmo e uno stupido accenno di sorriso appare sul mio volto…continuo a camminare.
COSA MI SPINGE ALLO SCATTO?
In passato ho cercato di analizzare in modo più “scientifico” il mio approccio fotografico, i perché dei “miei strani momenti decisivi”, i perchè di una visione a colori parallela ad una in bianco e nero; oggi posso dire che ho dato “mille errate risposte corrette”.
“Il gatto nella scatola è vivo e morto?”
Come nel paradosso di Schrödinger, tutto può contemporaneamente essere, non vi sono schemi fissi, non vi è ripetitività, ogni elemento di luce è in grado di influenzare la mia visione, ogni atteggiamento bislacco o estremamente normale potrebbe spingermi allo scatto… cos’è dunque che mi spinge realmente a scattare, cos’è che mi spinge a scegliere dei soggetti piuttosto che altri o a sporcare una inquadratura perfetta con elementi di quotidiano disturbo?
Quella banale normalità che agli occhi del fotografo diventa un “non c’è nulla da fotografare” ai miei occhi diventa un mondo di straordinaria bellezza… sono forse folle?
Penso di no, oggi penso che le mie continue ricerche di “visioni fotografiche”, le mie letture, la mia formazione, la mia sperimentazione, la spesa al supermercato, la bibita al tramonto, la musica, la banda di paese, la pizza, il buon vino e la mia esistenza tutta concorra a definire la percezione che ho del mondo e che quella infantile capacità di emozionarmi per le cose semplici completi il tutto indicandomi il momento.
IL MIO MOMENTO DECISIVO?
In passato ho assistito alla dura relatività della vita, a quella vita di ogni giorno che rende normale la morte di un bimbo africano per mal nutrizione e straziante la prematura perdita di un caro; ho imparato a godere dei momenti semplici perchè so che sono doni che non torneranno, ho imparato ad emozionarmi per la millesima carezza di un padre che non c’è più e per lo sguardo vero di un profugo che impaurito ti chiede aiuto. Ho imparato a scorgere la vanità e l’accidia della gente, l’egoismo degli sguardi, la falsità dei sorrisi… ho imparato ad esultare ogni sacrosanto giorno per aver poggiato ancora una volta i piedi a terra al mattino e per aver goduto ancora una volta di quella ripetitiva riunione di famiglia.
Nei miei scatti non cerco convergenze astrali, la luce perfetta, il make-up impeccabile… cerco l’imperfezione che rende vere le persone, le rughe che raccontano il tempo o quei vizi dell’animo che nei momenti di sospensione emergono negli individui.
Questa è la mia street… nulla di eclatante!
Una banale quanto straordinaria realtà,
colta nei momenti che, nel bene o nel male,
hanno fatto vibrare il mio cuore.
Dunque: leggete, scoprite, viaggiate, osate… ma quando fotografate emozionatevi, il resto è sempre meno importante di quel momento in cui il clic della vostra fotocamera vi ha fatto sentire ancora una volta vivi.
A presto
Andrea
Buonasera Andrea, non posso che apprezzare e condividere questo suo articolo. E’ un genere che sto amando, ti fa cogliere i momenti della vita, belli e brutti. E’ sempre un piacere scendere per strada e fermarli.
Complimenti.
Ciao Alberto,
grazie e tanta buona street!
Bravo Andrea, l’imperfetta perfezione della vita! Anche in fotografia con le tue immagini! Bravo, ben scritto. E’ l’essenza della street .
Sono totalmente d’accordo con te. Credo che sia uno dei migliori articoli che hai scritto.
BRAVO
Grazie Sergio 😉